Nuovo Coronavirus (COVID-19): una pandemia di ansia

Nuovo Coronavirus (COVID-19): una pandemia di ansia

di Sara Biocchetti

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La malattia da coronavirus del 2019 (COVID-19) originata in Cina, rappresenta una minaccia per la salute globale ed è considerata il più grande focolaio di polmonite atipica dopo la sindrome respiratoria acuta grave (SARS) del 2003. L’epidemia viene rilevata per la prima volta alla fine di Dicembre 2019, a seguito della presenza di un cluster di casi di polmonite ad eziologia sconosciuta con epicentro Wuhan, città cinese all’interno della provincia dell’Hubei.

Nel giro di poche settimane il numero dei contagi continua a crescere esponenzialmente all’interno e all’esterno di Wuhan, diffondendosi in tutte e 34 le regioni della Cina e allargandosi poi gradualmente anche al di fuori del paese, generando così un’emergenza sanitaria pubblica d’interesse internazionale. Con l’aumento esponenziale dei casi di contagio in tutto il resto del mondo, l’11 Marzo 2020, il COVID-19 viene dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) una pandemia mondiale, costringendo la maggior parte dei paesi a dichiarare lo stato di emergenza e la zona rossa, riducendo drasticamente la possibilità dei cittadini di uscire e muoversi liberamente.

Così, soprattutto le persone che vivono lontane dalle loro famiglie per via degli studi o del lavoro e che sono costrette a rimanere separate dai loro cari, ma anche gli anziani che vivono da soli, possono ritrovarsi a sperimentare un grande stato di ansia. L’impossibilità di lasciare le proprie abitazioni rischia di esacerbare la mancanza e la distanza già indotte dai chilometri che separano, o dalla solitudine sperimentata quotidianamente in precedenza. Quando abbiamo paura, infatti, è naturale ricercare la vicinanza, anche fisica, di coloro che ci sono più cari e l’impossibilità di raggiungersi può alimentare quel senso di solitudine che a sua volta influisce negativamente sulla paura e sull’ansia generate dalla pandemia in atto, creando così una sorta di circolo vizioso.

Il lockdown a cui siamo stati costretti ha già avuto una ripercussione economica importante sui paesi che ne sono interessati: molti lavoratori non possono, infatti, avere accesso alle loro normali entrate di sostentamento e molte aziende e industrie si ritrovano a subire una perdita significativa in termini economici. Tutti questi fattori possono indurre nella popolazione uno stato di distress importante.

Il virus, arrivato all’improvviso e sconosciuto, sta avendo quindi un impatto particolarmente violento sulla nostra vita, modificando la nostra quotidianità, le nostre abitudini, il modo in cui ci relazioniamo agli altri, privandoci del nostro naturale bisogno di stare vicini. Ci mette tutti i giorni alla prova con la nostra capacità di saper gestire le emozioni e le paure che ne derivano e fare i conti con qualcosa che è in parte al di fuori del nostro controllo.

Ci troviamo di fronte a un nemico totalmente sconosciuto e in quanto sconosciuto, non sappiamo come affrontarlo, o quanto durerà, non sappiamo esattamente come ne saremo influenzati o come le cose potrebbero essere una volta che l’emergenza sarà terminata. Lo stato d’incertezza che aleggia intorno a tutto questo rende gli individui più suscettibili a catastrofizzare e a precipitare in un terrore e panico travolgenti, anche come conseguenza di alcune modalità di agire non del tutto chiare e univoche da parte delle istituzioni.

Per questo, il coronavirus non rappresenta soltanto un’emergenza sanitaria, ma anche un’epidemia d’insicurezza e paura che si amplifica di giorno in giorno.

Il cervello umano, infatti, non è cablato per tollerare l’incertezza, ma piuttosto per stare attento a qualsiasi minaccia, perciò la percezione di una certa dose di paura o di ansia, derivante dalla pandemia, è naturale. Per la maggior parte di noi, la vita non è mai stata così incerta e l’incertezza è uno degli stati più stressanti che un individuo può vivere, costantemente messo alla prova dalla sensazione che qualcosa di brutto possa accadere.

Secondo Robert Leahy, direttore dell’American Institute for Cognitive Therapy, siamo tutti bloccati in “un trauma umano internazionale, in cui tutti hanno la sensazione che la loro vita, o la vita delle persone che amano, sia minacciata”. Tuttavia, quando siamo ansiosi, dice: «Tendiamo a equiparare l’incertezza al risultato peggiore. Ad esempio, dopo l’11 settembre, ho sentito tante persone dire che sarebbe stato inevitabile un altro grande attacco a New York City o un attacco nucleare di al-Qaida. Non è mai successo. Quando siamo ansiosi, tendiamo a considerare l’incertezza come un risultato negativo. Ma l’incertezza è neutrale: non sappiamo cosa accadrà» (Saner, 2020).

Tutti noi sappiamo cosa significa sentirsi ansiosi o spaventati. L’ansia, e la sua stretta parente, la paura, sono, in una certa dose, normali componenti della vita di tutti i giorni. L’ansia viene di solito definita come un’emozione spiacevole associata a un senso generale di pericolo, la sensazione che qualcosa di brutto stia per accadere; è uno stato affettivo causato dall’anticipazione di un eventuale pericolo, mentre la paura è un’emozione legata alla presenza effettiva di un pericolo reale o immaginato.

Il senso di paura, se da un lato ci crea disagio, dall’altro può essere invece in grado di potenziare le nostre capacità di difenderci, stimolando l’attenzione e la cautela e rendendoci più reattivi. Quando ci troviamo di fronte a un pericolo, infatti, tendiamo ad attivare comportamenti difensivi. Di fronte ad un pericolo imminente o grande, tendiamo a paralizzarci, sperando che il nemico non ci veda, quando pensiamo di non poterlo combattere, allora fuggiamo e quando pensiamo di poterlo superare, allora lo combattiamo. Tutte queste reazioni sono umane e adattive. Anche oggi, è giusto avere una piccola dose di paura: ci consente di non sottovalutare il pericolo, di mettere in atto tutte quelle misure necessarie per contenere e combattere questo virus, proteggendo noi stessi e gli altri.

Tuttavia, mentre i social media permettono alle persone di rimanere connesse in questo tempo d’isolamento fisico, possono essere anche fonte d’informazioni false che vanno a incrementare un già delicato stato di paura. Il caos generato nel mondo dal virus, la diffusione d’informazioni, più o meno affidabili, che circolano ogni minuto sul web, con i notiziari che riportano ininterrottamente notizie sulla pandemia, gli aggiornamenti costanti cui siamo esposti circa il numero dei decessi in crescita, rischiano di essere fattori travolgenti per chiunque e in grado di innescare difficoltà psicologiche da non sottovalutare, dando origine a stati ansiosi particolarmente intensi o aggravare la situazione di coloro che già soffrono di problemi di salute e/o disturbi psicopatologici.

La nostra ansia può essere, infatti, in parte anche alimentata dalla ricchezza d’informazioni che ci vengono fornite dai social media. Così che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha sviluppato un nuovo termine per ciò che sta accadendo sui social attorno al virus: infodemia (WHO, 2020). Secondo l’OMS, un’infodemia è «una sovrabbondanza d’informazioni – alcune accurate e altre no – che rendono difficile per le persone trovare fonti e indicazioni affidabili quando ne hanno bisogno» per molti, è proprio questa incertezza circa ciò che è vero e ciò che non lo è, a innescare una forte sensazione di ansia.

Ecco perché la pandemia di coronavirus rischia di sfociare in un’altra grande pandemia: una pandemia di ansia.

Come cittadini abbiamo il compito di rispettare le leggi e di seguire le regole, ma come persone abbiamo anche e soprattutto l’obbligo morale verso noi stessi e verso gli altri di non seminare il panico e cercare di contenere le nostre angosce.

Nonostante, in una certa dose l’ansia può essere persino un’emozione utile da avere, in grado di aiutarci ad adottare comportamenti sicuri e a fare le cose giuste, quando passiamo troppo tempo a preoccuparci rischiamo di distorcere il nostro modo di pensare. Rischiamo di catastrofizzare quando ci preoccupiamo eccessivamente, portando a risposte meno misurate, così che l’innesco di un’ansia eccessiva può indurci a fissarci sull’outcome peggiore in questo momento di grande incertezza e paura. Il controllo costante delle notizie può darci la sensazione di avere il controllo degli eventi ma può finire per esacerbare un già delicato stato di ansia. Per questo, seppure l’informazione rimanga un elemento importante, la moderazione del consumo dei media, tramite l’evitamento dell’eccesso d’informazioni e d’informazioni errate, può essere di grande aiuto.

È importante, invece, cercare di alleviare l’ansia ricreandoci il più possibile una routine e un senso di quotidianità, mantenendo collegamenti con i nostri cari e i nostri amici, ad esempio tramite l’utilizzo di video-chat, e-mail, app di messaggistica istantanea, in modo da sentirci vicini, pur dovendo rimanere fisicamente lontani. Anche la condivisione d’informazioni utili e attendibili con i nostri amici e familiari può rivelarsi un modo pratico e utile in grado di aiutare a gestire e affrontare la propria ansia. Offrire supporto reciproco può essere vantaggioso non solo per chi lo riceve, ma anche per chi fornisce l’aiuto. Alla fine, gestire l’ansia è una questione di equilibrio.

Quando siamo in ansia, cerchiamo il controllo e tutto il nostro corpo ne risente: possono comparire, infatti, difficoltà di concentrazione, irritabilità, difficoltà a respirare, tensione muscolare, disturbi del sonno. Per questo se pensi di trovarti in un momento di particolare difficoltà e bisogno, non avere timore né vergogna a chiedere aiuto! Parlarne ed essere ascoltati può essere di grande aiuto in questo momento così delicato.

Durante una pandemia, non siamo in grado di controllare quello che accadrà, ma possiamo cercare di mantenere il controllo di noi stessi.

È importante ricordare che va bene sentirsi talvolta arrabbiati, spaventati o confusi, ma è altrettanto importante ricordare che tutto questo passerà, insieme alle sensazioni che lo accompagnano.

Questo virus si è adattato al nostro corpo e in qualche modo noi abbiamo dovuto adattare le nostre vite a lui. Ha sconvolto le nostre abitudini ed è inevitabile pensare che sarà qualcosa che ricorderemo. La storia ci insegna però che gli imprevisti e il cambiamento sono continui e come esseri umani viviamo quotidianamente il cambiamento, superiamo la maggior parte delle battaglie cui siamo costantemente esposti senza neanche rendercene conto.

Seneca scriveva «Le nostre paure sono molto più numerose dei pericoli reali che corriamo, soffriamo molto di più per la nostra immaginazione che per la realtà.» Cerchiamo di accogliere le nostre paure senza farci sommergere da esse e attivare invece un processo di resilienza, ovvero la capacità di adattarci con successo al cambiamento e alle difficoltà che per ora girano intorno a questo grande momento d’incertezza e uscirne un po’ più forti di come ne siamo entrati.

Riferimenti bibliografici:

  • Saner, E. (2020). ‘Think about the best-case scenario’: how to manage coronavirus anxiety. The Guardian, international edition.
  • Seneca, L. A. Lettere a Lucilio – libro XIII – lettera V.
  • World Health Organization (2020). Novel Coronavirus (2019-nCoV) Situation Report-13.